Il gigante e i nanetti
(leggenda svizzera)
In quella valle abitava anche un popolo di nani, e questi erano gentili e benevoli con gli uomini. Li aiutavano nelle loro faccende, segavano l'erba dei prati, spazzavano le stalle, mungevano le mucche. Quando erano stanchi, si appollaiavano su i rami di una grande quercia e li, dopo essersi un po' dondolati per giuoco, si appisolavano, specialmente nelle ore meridiane della canicola. Ma un contadino maligno, dimentico dei grandi benefici che le povere creaturine elargivano agli uomini, volle far loro uno scherzo di cattivo genere. Segò per metà i rami della quercia, si che quando essi, festosi, vi si inerpicarono, i rami sotto il loro peso cedettero, e i poveri nani caddero al suolo facendosi male. Il contadino aveva convocato alcuni giovinastri suoi amici a vedere quella bella prodezza, nascosti dietro un cespuglio; e quando i nani caddero, gli sciagurati scoppiarono in una rumorosa risata, che dispiacque ai nani anche piú dello scherzo feroce. Essi si rialzarono tutti ammaccati e piangenti e, lamentandosi a ragione dell'ingratitudine umana, decisero di lasciare per sempre la valle. Corsero dunque nelle loro tanine, fecero un fagotto di tutto ciò che possedevano e tutti insieme s'incamminarono, tristamente, prendendo la via dei monti. Gli ometti procedevano in lunga fila pel sentiero ripido che attraversava i boschi di pini, quando a un tratto il nano che guidava la schiera si fermò bruscamente, facendo agli altri, col dito sulle labbra, cenno di tacere. Subito tutti si fermarono e ogni brusio tacque. Si udí allora distintamente il respiro grosso di un uomo che dormiva. Avanzando cautamente, in punta di piedi, i nani videro là vicino un corpaccione enorme disteso attraverso il sentiero : era il gigante Harder che russava. I nani tennero consiglio. Giacché il destino aveva messo nelle loro mani quello spaventoso gigante, non era forse il caso di ammazzarlo, liberando cosí il paese da quel flagello? I generosi nanetti avevano già dimenticato le offese ricevute dagli uomini, e il loro istinto di bontà e di altruismo li spingeva adesso a regalar loro un beneficio anche maggiore dei soliti. Del resto render bene per male non è forse la vendetta migliore e piú saggia?
Dai loro sacchetti estrassero
ogni sorta di strumenti, zappe, pale, scuri, funi, falci, martelli. Con
questi abbatterono un albero e ne fecero un'immensa sega magica. Intanto
un nano aveva versato in un batuffolo di cotone il contenuto di una strana
fialetta trasparente e, arrampicatosi sul corpo del gigante, gli aveva
messo il batuffolo sotto il naso: il gigante era piombato cosí in un sonno
anche piú profondo, che nulla avrebbe potuto svegliare per qualche ora.
Allora i nani, sollevata la gigantesca sega, la posarono sul collo di
Harder: cento nani si misero a tirarla verso destra e cento altri verso
sinistra, sí che la sega cominciò a sibilare, recidendo pian piano il
collo del gigante. Fiotti di sangue sgorgavano dalle vene tagliate e
s'incanalavano in rivoletti che altri nani avevano intanto scavato con le
zappe. Ben presto la testa fu staccata dal busto. I nani, felici,
intrecciarono ronde di festa intorno alla testa del gigante decapitato. - E adesso che cosa ne faremo? - domandò un nano. Quello che pareva il capo di tutta la tribú propose di trasportare la testa del gigante davanti all'antro che gli serviva di dimora. - Cosí domattina i pastori non riusciranno a spiegarsi il mistero, e li metteremo in grande imbarazzo! L'idea piacque. Sepolto l'enorme corpaccio di Harder, i nani legarono le loro funi ai capelli del gigante e trascinarono in tal modo, Eccoli dunque pronti alla grande impresa. non senza fatica, il testone colossale presso la grotta. Altra gran fatica fu quella di issarlo nella bocca della caverna; ma anche questo finalmente fu fatto. Al mattino dopo, tutti i pastori d'Interlaken videro la testa di Harder infissa sulla roccia e ne rimasero stupiti. Da allora la testa si è pietrificata, ma c'è ancora; e anche oggi quell'enorme masso di pietra conserva il nome di Harder.
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